Il Customer Lifetime Value (CLV) è un indicatore che, attraverso modelli di analisi previsionali (oggi sempre più modelli predittivi basati su tecniche avanzate di Machine Learning), esprime il valore monetario di una relazione tra azienda e cliente. Consente di valutare un cliente sia rispetto alla relazione in essere sia in previsione, cioè stimando quanto potrà evolvere tale relazione in termini di profitto per l’azienda.
Oggi le aziende traggono sempre più profitti dalla creazione e dal sostentamento di relazioni a lungo termine (cioè dalla fidelizzazione) con i propri clienti. Non a caso il valore della vita del cliente (Customer Lifetime Value – CLV) rappresenta uno dei framework più importanti del marketing relazionale, quella branca del marketing che permette a un’organizzazione di accrescere il valore della relazione con il cliente attraverso la sua fidelizzazione.
Vediamo allora cos’è il Customer Lifetime Value (CLV), il suo significato e come si calcola, per esempio attraverso le analisi RFM – Recency Frequency Monetary, tecnica utilizzata per determinare quantitativamente quali sono i clienti migliori.
Customer Lifetime Value (CLV), cos’è e cosa significa
Il Customer Lifetime Value, come accennato, è un indicatore che definisce il valore di un cliente per un’azienda nell’arco di tutta la durata della relazione tra di essi. Il CLV dice quanto un’organizzazione aziendale è in “risonanza” con il proprio pubblico, in relazione con i propri clienti, quanto questi apprezzano i prodotti o i servizi che riceve e, di conseguenza, quali potrebbero essere le aree di miglioramento.
Potrebbe non sembrare molto importante ma… non riuscire a calcolarla pone un’azienda un passo indietro rispetto ai concorrenti. Il valore della vita del cliente è in grado di determinare il potenziale nascosto di ogni singolo cliente e quanto tale potenziale può generare profitti futuri per l’azienda, puntando sulla fidelizzazione (che, si sa, in termini di sforzi – monetari e di processo – è decisamente più profittevole rispetto all’acquisizione di nuova clientela).
In altri termini, si può definire il CLV come il profitto che ogni cliente può generare nel tempo per un’azienda.
Dalla definizione e significato di Customer Lifetime Value si intuiscono quali sono le sue caratteristiche principali:
- – viene calcolato sulla base dell’analisi dei comportamenti di acquisto delle persone;
- – è una metrica che permette ad un’azienda di misura in modo concreto e tangibile la profittabilità di ciascun cliente;
- – è legato ad un arco temporale ben definito, la “vita del cliente”, come abbiamo detto intesa come la relazione che si crea tra brand e utente.
Comportamenti di acquisto, valore/profittabilità dei clienti, valore rispetto ad un arco temporale (frequenza della relazione tra cliente e azienda), sono i principali parametri per la definizione e misura del CLV, ma ci sono anche altri indicatori che, in una logica di marketing relazionale, servono ad un’azienda che intende sviluppare una vera e propria strategia di Customer Centricity, ossia il costo di acquisizione e “tasso” di fidelizzazione (da cui derivare previsioni su ricavi e profitti futuri), ed il tasso di abbandono (da cui derivare eventuali rischi ed impatti economici).
Come si calcola il Customer Lifetime Value
Rimanendo fedeli alla regola di Pareto secondo la quale l’80% del fatturato di un’azienda è generato dal 20% della clientela, è evidente che l’identificazione di questo 20% non è sufficiente a “tenere in piedi” un’organizzazione aziendale, è sempre più di vitale importanza conoscere e capire il valore di quel 20% di clienti sui quali investire in termini di fidelizzazione e CLV.
Sebbena uno dei modi più semplici per calcolare, a grandi linee, il Customer Lifetime Value, sia moltiplicare la spesa media di un cliente in un arco temporale (mesi o anni) per il numero di mesi o anni che tale cliente è rimasto fedele (o, in previsione, rimarrà fedele) all’azienda, risultato a cui vanno poi tolti i costi di acquisizione, di fidelizzazione e di erogazione dei servizi, è importante evidenziare che il concetto stesso di “valore” del cliente non può essere ricondotto ad una formula così riduttiva.
Il CLV è frutto di molte variabili, che possono variare da azienda ad azienda in funzione sia della relazione che ciascuna realtà tiene con i propri clienti, sia in funzione dei comportamenti di acquisto dei clienti stessi che tendono a variare a seconda del contesto e di ciò che stanno acquistando.
Come vedremo nel prossimo paragrafo, la misura del Customer Lifetime Value deve tener conto di molte variabili, tra le quali anche la spesa media di un cliente, la frequenza con la quale fa acquisti e si relaziona con la propria azienda, la tipologia o la varietà di tipologie di beni che acquista, i servizi di supporto che richiedere e con quale frequenza… è evidente dunque che, pur essendo un indicatore che necessita di alcuni calcoli per essere visibile e comprensibile ai decisori aziendali, la sua formulazione deve tenere conto delle caratteristiche di un’azienda e di una serie di parametri e variabili che cambiano da realtà a realtà.
Inoltre, per poter avere un beneficio tangibile dal CLV in termini di Decision Making, ossia di processo decisionale di business, è sulle analisi previsionali (ancor di più sulle analisi predittive) che le aziende devono concentrarsi per poter definire strategie, piani operativi ed azioni di marketing e vendita sempre più oggettive e basate sui dati. Calcolare il Customer Lifetime Value con una semplice formula standard e uguale per tutti, potrebbe risultare del tutto inefficace rispetto all’obiettivo intrinseco del CLV stesso, ossia determinare su quali basi si fonda una relazione di valore tra azienda e cliente e, su quella, definire nuove strategie di business.
Come abbiamo avuto modo di analizzare nell’articolo “Dati e Advanced Analytics per comprendere i clienti e migliorare la Customer eXperience”, le analisi per la definizione del valore del cliente lungo la “vita” della relazione che ha con la propria azienda rappresentano uno strumento di business estremamente efficace perché:
– consentono di attuare strategie di acquisizione clienti più efficaci e mirate (senza “sparare nel mucchio” o attirare utenti che non hanno davvero bisogno dei prodotti e servizi offerti dal brand ed il cui costo di gestione, proprio perché “fuori target” risulterebbe elevato”);
– incrementare le vendite grazie ad una comprensione più efficace dei bisogni e delle aspettative delle persone;
– raggiungere un retention rate (tasso di fidelizzazione) più elevato grazie ad un disegno del ciclo di vita del cliente più chiaro, dai suoi bisogni al suo comportamento fino alle sue scelte e a ciò che lo soddisfa maggiormente che gli consente di percepire meglio il valore dell’azienda, del prodotto, del servizio ricevuti;
– aumentare ricavi e profitti per singolo cliente grazie ad una vista più chiara degli utenti che aiuta a definire strategie di up-selling e cross-selling più mirate, e quindi più efficaci.
In quest’ottica, se il Customer Lifetime Value è l’indicatore attraverso il quale poter stimare il preventivamente i ricavi che un’azienda può ragionevolmente aspettarsi dai clienti (ossia la metrica che permette di valutare quanto fatturato un’azienda può aspettarsi che un cliente generi nel corso del loro rapporto commerciale), per riuscire a fare questo tipo di analisi previsionali e predittive sono necessari parametri più ampi rispetto a quelli utilizzati per il calcolo del CLV. Uno di questo è dato dalle analisi RFM (Recency, Frequency, Monetary value).
Misurare per migliorare: le analisi RFM (Recency, Frequency, Monetary) per migliorare il CLV
Anche l’RFM, acronimo che sta per Recency, Frequency, Monetary, è un indicatore di valore. Sta ad indicare quanto vale un cliente in base ad alcuni parametri quantitativi:
- – quanto recentemente ha acquistato (recency);
- – quanto spesso ha acquistato, ossia con quale frequenza (frequenza);
- – quanto ha speso in media per gli acquisti fatti (il valore monetario).
La frequenza e il valore monetario influiscono in modo diretto sul valore della vita del cliente (il CLV – Customer Lifetime Value), mentre la recency influisce in modo indiretto, essendo un parametro incentrato prevalentemente sulla fidelizzazione. Vediamo in dettaglio i tre parametri.
- Recency
Il termine, intraducibile in italiano, sta ad indicare la prossimità nel tempo, ossia l’intervallo di tempo che passa tra un acquisto ed un altro o il tempo trascorso dall’ultimo acquisto fatto dal cliente. Questo indicatore aiuta ad avere una vista chiara su quali sono i clienti che hanno acquistato di recente e quali quelli che non hanno relazioni con la propria azienda da un po’ di tempo. Tuttavia, è importante comprendere che la metrica va calata nello specifico contesto e settore di business (l’acquisto di un auto non potrà certo avere un intervallo di tempo simile a quello di un bene di consumo alimentare) ed è un indicatore che non va mai osservato da solo ma messo in relazione ad altri parametri (per esempio alla frequenza di acquisto o al CLV).
Tali informazioni, sempre tenuto conto di contesto e settore di business, possono diventare conoscenza utile al processo decisionale, sia per migliorare ulteriormente la fidelizzazione della clientela attraverso azioni di up-selling e corss-selling con costi aziendali contenuti, sia per definire strategie di marketing più efficaci per il “riscaldamento” ed il nurturing di quella parte di clientela che non ha una “relazione viva” con l’azienda.
- Frequenza
La frequenza delle transazioni di un cliente può essere influenzata da fattori quali il tipo di prodotto, il prezzo di acquisto e la necessità di rifornimento o sostituzione. Se è possibile prevedere il ciclo di acquisto, gli sforzi di marketing e vendita potrebbero essere diretti a ricordare alle persone di fare “rifornimento”, anziché proporre con insistenza prodotti o servizi che non rientrano nell’abituale ciclo di acquisto del cliente.
- Valore monetario
Il valore monetario deriva dalla redditività delle spese che il cliente fa con l’azienda durante le sue transazioni. Una tendenza naturale è quella di porre maggiormente l’accento sull’incoraggiare i clienti che spendono più soldi a continuare a farlo (senza dimenticare mai di porre l’accento sulla Customer eXperience e non trascurando i clienti che hanno un valore monetario inferiore ma che, comunque, risultano fedeli all’azienda). Tuttavia, anche in questo caso, il parametro non va mai analizzato singolarmente perché potrebbe “non dire” altre verità importanti per l’azienda. Un acquisto dal valore monetario molto elevato ma fatto di rado e su un asse temporale molto lungo, potrebbe risultare meno profittevole per l’azienda rispetto al comportamento di altri clienti che acquistano con maggior frequenza ma beni di minor valore.
In conclusione, le analisi RFM ed il calcolo del CLV consentono alle organizzazioni aziendali di dare un valore previsionale alle entrate che provengono dai clienti abituali (rispetto ai nuovi clienti), ma devono essere fatte in modo accurato, calate nello specifico contesto aziendale tenendo conto delle caratteristiche dell’azienda, delle tipologie di clientela e dei comportamenti di acquisto delle persone (che spesso variano proprio a seconda della tipologia di acquisto che fanno, dell’azienda con la quale si relazionano, e persino del momento storico-temporale). Non solo, non trattandosi di mere formule standard ma di analisi più complesse, il loro valore assume ancor più significato dal punto di vista qualitativo per le informazioni ed il patrimonio di conoscenza che producono e che consentono agli imprenditori, ai manager d’azienda, ai decisori di business di capire quali leve possono essere utilizzate per cercare di rendere i clienti più soddisfatti in modo che diventino clienti fidelizzati e la relazione cliente-azienda sia concretamente costruita ed alimentata sul concetto di valore.
Categoria: ANALYTICS

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