Perché oggi si parla tanto di Smart City? E perché i dati sono così importanti per garantire lo sviluppo e la crescita di una città intelligente? Una risposta secca potrebbe essere che uno dei principali vantaggi della città intelligente consiste nella più efficiente erogazione dei servizi ai cittadini, a fronte di una maggior sostenibilità economica ed ambientale.
Sarebbero motivazioni più che sufficienti per giustificare l’interesse e i crescenti investimenti in atto sulle Smart City, soprattutto se si considera la dimensione critica ormai raggiunta da molte realtà urbane, laddove la crescita demografica obbliga a ripensare l’assetto infrastrutturale in funzione di un utilizzo più razionale ed efficiente delle risorse.
Considerazioni analoghe valgono per i centri urbani che vedono diminuire la propria popolazione a causa di una condizione remota rispetto ai servizi principali, collocati nelle cosiddette global city. Anche in questo caso la tecnologia può offrire soluzioni utili a riconnettere le realtà svantaggiate, grazie ad un concetto di territorialità esteso sulla base di iniziative di mobilità intelligenti, capaci di superare i confini fisici del singolo abitato urbano.
Abbiamo citato due tra i moltissimi casi generici attraverso cui la tecnologia in molti casi già genera un valore aggiunto nel migliorare la condizione strutturale, sociale ed economica dei comparti urbani.
Dopo aver proposto una sintesi degli aspetti tecnologici e organizzativi che costituiscono il tema Smart City, concluderemo la nostra indagine con un rapido osservatorio sulla realtà italiana, che viaggia a velocità differenti per via della limitata diffusione della Internet of Things che, con i Big Data, costituisce la principale tecnologia abilitante della città intelligente.
Cosa sono le Smart City
Secondo la definizione messa a punto dalla Commissione Europea, la Smart City è una città che utilizza soluzioni tecnologiche per migliorare la gestione e l’efficienza dell’ambiente urbano.
Con parole nostre potremmo definire la Smart City quale una municipalità che utilizza tecnologie di informazione e comunicazione (ICT) per rendere più efficienti i processi urbani, condividere informazioni con i cittadini ai fini di migliorare la qualità dei servizi pubblici e del benessere diffuso.
Come vedremo, la Smart City è qualcosa di ben più articolato delle pur complesse tecnologie che la abilitano e necessita in primis un coinvolgimento di pubblico e privato e soprattutto di un cambio di mentalità nel modo di utilizzare i servizi fondamentali ai fini di trarre un giovamento sia a livello individuale che di interesse collettivo, per:
- – Migliorare il trasporto pubblico e la mobilità urbana;
- – Ottimizzare l’utilizzo delle risorse energetiche (luce, gas, acqua, ecc.);
- – Migliorare il sistema di raccolta dei rifiuti urbani;
- – Aumentare il livello di sicurezza e qualità diffusa nei vari quartieri della città;
- – Aumentare la sostenibilità e il livello generale di efficienza dei principali servizi urbani, con modelli come la città dei 15 minuti o progetti di riqualificazione atti a ri-naturalizzare le porzioni di costruito in stato di abbandono.
Sono soltanto alcuni degli ambiti che una Smart City può innovare profondamente grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali. Prima di entrare nel dettaglio, facciamo un piccolo salto indietro nel tempo, per capire quali sono le principali evoluzioni che ci consentono oggi di parlare di una città intelligente e interconnessa.
La breve storia della Smart City
I primi accenni alla città intelligente risalgono agli anni 60-70, quando ebbero luogo gli utilizzi pionieristici della tecnologia per acquisire e raccogliere dati utili a comprendere i fenomeni critici delle realtà urbane, ai fini di mitigare i disagi causati dai fenomeni di degrado e i fenomeni di povertà delle fasce più deboli della popolazione.
Non si poteva ancora parlare di una città interconnessa per come la concepiamo oggi, ma è significativo il valore che veniva già allora riconosciuto ai dati. Grazie all’implementazione dei primi sistemi di sintesi, come i database, i dati venivano infatti preparati per svolgere le prime operazioni di Business Intelligence, utili ad ottenere i report descrittivi utili a supportare e rendere più informate le decisioni dei governatori.
Sulle base delle metodologie e delle tecnologie implementate, possiamo categorizzare tre evoluzioni storiche della Smart City.
La Smart City 1.0 si è concentrata soprattutto nell’implementazione della tecnologia nella città, pur senza comprenderne ancora il pieno potenziale applicativo nell’efficientamento dei servizi e negli effetti sulla vita dei cittadini. In buona sostanza, le tecnologie hanno consentito di rendere più moderni i servizi, ma non c’era ancora quella cultura del dato che ha iniziato ad emergere soltanto nella seconda generazione.
Se la prima stagione della città intelligente è stata promossa in gran prevalenza dai provider tecnologici, la Smart City 2.0 si è basata su presupposti totalmente differenti, dove il fulcro dell’azione si è incentrata sulla progettualità. Governanti e urbanisti si sono concentrati nel formulare ipotesi innovative e, soltanto in un secondo momento, a capire quali tecnologie avrebbero potuto implementarle. Per quanto in parte efficace e certamente suggestivo, questo modello di governance risultava ancora insufficiente nella sua portata applicativa, per l’evidente mancanza di uno dei suoi componenti fondamentali.
Si è dunque arrivati alla terza generazione evolutiva, la Smart City 3.0, quella che viviamo oggi, in cui all’approccio top-down si sta progressivamente sostituendo l’approccio bottom-up dei modelli collaborativi capaci di coinvolgere, oltre alle istituzioni, direttamente i cittadini nei processi di creazione e decisione. Si tratta di un aspetto fondamentale nel creare un adeguato livello di coinvolgimento con quelli che sono i veri attori protagonisti della città intelligente. Processi come la progettazione partecipata sono in primo luogo ispirati dall’inclusione e dal desiderio di creare una comunità intelligente nel modo di condividere in maniera equa i servizi della collettività, prima ancora che nelle sue implementazioni tecnologiche.
Tra le prime applicazioni di Smart City 3.0 in Europa va certamente citata l’esperienza viennese. La capitale austriaca è stata capace di coinvolgere direttamente i cittadini in qualità di investitori in impianti di generazione solare-termico, grazie ad una partnership con una società energetica locale ed in generale a promuovere iniziative di carattere socio-economico basate sul coinvolgimento della collettività. Senza la partecipazione dei cittadini, gli interventi, per quanto innovativi, sarebbero rimasti degli episodi tecnologici autoreferenziati, senza produrre quelle ricadute positive in termini di inclusione, nella riduzione del gender gap o nell’incremento dell’occupazione giovanile.
Le caratteristiche peculiari delle città intelligenti
Secondo alcune stime dell’ONU, relative al periodo pre-pandemico, nel 2050 il 70% della popolazione mondiale, la cui incidenza demografica è data in forte crescita, vivrà nelle città, producendo dunque una concentrazione enorme per quando concerne l’emissione di CO2, considerando che il suolo urbanizzato potrebbe non superare il 3% della superficie terrestre.
La pandemia Covid-19 ha finora prodotto una pluralità di effetti, la cui effettiva portata andrà valutata nei prossimi anni, accelerando i processi di digitalizzazione anche in ambito urbano, obbligando pertanto a ripensare almeno in parte i modelli di sviluppo che erano stati originariamente predisposti per le Smart City. La pandemia ha enfatizzato la scarsa sostenibilità del modello di vita urbano. Secondo le stime dell’OMS, ogni anno circa 8 milioni di persone perderebbero la vita per cause correlabili all’inquinamento atmosferico. Si tratta dello 0,1% della popolazione mondiale.
Se in un primo momento la spinta del lavoro in remoto aveva incoraggiato il decentramento demografico rispetto alle grandi città, nella direzione di un maggior equilibrio complessivo, le riaperture che hanno seguito i lockdown in molti casi hanno addirittura rilevato una vera e propria emergenza abitativa, con lavoratori e studenti fuori sede che non riescono a trovare una collocazione utile a svolgere le loro operazioni in prossimità con le sedi che le erogano, anche se molte attività si svolgono ancora in remoto. Non è dunque ancora possibile prevedere con certezza quali saranno gli effetti risvolti in termini demografici dei sistemi urbani.
Una cosa è certa. Alle città servono modelli di sviluppo più sostenibili e la tecnologia avrà un ruolo essenziale nel garantire l’implementazione di quelli che la Commissione Europea ha identificato nel Smart City Marketplace.
Lo Smart Cities Marketplace è il risultato della fusione di due precedenti piattaforme, il “Marketplace of the European Innovation Partnership on Smart Cities and Communities (EIP-SCC Marketplace)” e lo “Smart Cities Information System (SCIS)”. Si tratta di una iniziativa che mira a mettere in relazione e generare sinergie tra città, industrie, PMI, investitori, banche, ricercatori e molti altri attori attivi nello scenario evolutivo delle Smart City.
Gli obiettivi comuni consistono, come già precisato, nel migliorare la qualità della vita dei cittadini, aumentare la competitività delle città e dell’industria europea nel rispetto dei global goal dell’Agenda 2030 e degli altri dispositivi comunitari aventi quale tema l’ambiente, il clima e l’energia. Gli ambiti d’azione del Market City Marketplace coincidono con:
- – Mobilità urbana sostenibile;
- – Utilizzo del suolo urbano sostenibile;
- – Infrastrutture e processi integrati nei sistemi energetici, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e dei trasporti;
- – Attenzione alle esigenze del cittadino e agli aspetti legati all’inclusione;
- – Definizione di policy e normative;
- – Pianificazione e gestione integrata dei modelli urbani;
- – Condivisione delle conoscenze con logiche open source;
- – Definizione indicatori di performance e metriche per misurare i risultati delle attività;
- – Governance open data;
- – Creazione modelli di business, approvvigionamento delle risorse e finanziamento dei progetti.
Un aspetto particolarmente interessante del Smart Cities Marketplace è il processo integrato Explore -Shape – Deal, volutamente orientato allo scambio di conoscenze e allo sviluppo delle competenze necessarie per l’implementazione, la replica e l’upscaling dei progetti e delle soluzioni attivate presso le Smart City. Le tre fasi che caratterizzano il processo sono rispettivamente:
- – Explore. Guardare oltre per scoprire le novità: questa fase consente l’accesso alle conoscenze raccolte nei precedenti progetti sulle Smart Cities. Si tratta di un processo continuo che aiuta ad avere sempre aggiornata la panoramica di soluzioni e best practice già implementate con successo, per trarre indicazioni e riferimenti utili allo sviluppo di nuovi progetti.
- – Shape. Dare forma ai progetti e ai piani d’azione: quando una visione di progetto è stata sviluppata, si procede per modellare l’idea e renderla a tutti gli effetti capace di attrarre investitori pubblici e privati. Questa fase consente un dialogo strutturato tra tutti gli stakeholder.
- – Deal. Creare relazioni e opportunità: la terza e ultima fase consente uno scambio one-to-one tra i promotori del progetto e i finanziatori per concludere gli accordi necessari per attivare concretamente i progetti.
Come funziona una Smart City
Le città intelligenti utilizzano una rete di sistemi IoT per interconnettere una serie di dispositivi capaci di utilizzare i dati per raggiungere una serie di obiettivi. A prescindere dall’applicazione specifica, le Smart City sono basate su una data governance composta almeno dalle seguenti fasi fondamentali:
- – Raccolta dei dati: i sensori intelligenti in tutta la città raccolgono dati in tempo reale nelle varie condizioni ambientali in cui sono chiamati ad operare;
- – Analisi dei dati: i dati raccolti dai sensori smart vengono archiviati e preparati in modo da essere resi disponibili ai sistemi di Business Intelligence e Business Analytics che si occupano di effettuare rispettivamente le analisi descrittive e predittive, ai fini di fornire una serie di report e insight per agevolare in termini decisionali il city management;
- – Comunicazione dei dati: si tratta di una fase cruciale per mettere in relazione tutti gli stakeholder, in modo che possano completare le loro azioni in maniera consapevole e coordinata. Le tecniche di visualizzazione dei dati consentono di facilitare la divulgazione dei fenomeni urbani nei confronti dei cittadini, la cui consapevolezza è fondamentale per sostenere ed attuare con successo i processi intelligenti della Smart City.
- – Azione: la Smart City può implementare anche simultaneamente migliaia di processi digitalizzati. Grazie ai risultati delle analisi dei dati è possibile completare il ciclo intrapreso con la raccolta dei dati, che successivamente ha visto trasformare il dato grezzo acquisito dai dispositivi IoT in informazione di valore, utile a creare nuove soluzioni, ottimizzare le operazioni, gestire in maniera più consapevole le risorse, oltre a migliorare la qualità della vita dei cittadini, rendendo la città un luogo più inclusivo in cui le persone desiderano trascorrere la loro vita.
Le tecnologie che abilitano una Smart City
I progetti smart vedono un parco eterogeneo di tecnologie emergenti operare in sinergia per consentire il raggiungimento di una vasta serie di obiettivi, per cui va prevista un’adeguata azione di governance, onde evitare una frammentazione di servizi digitali che diventerebbero altrimenti ingestibili.
Vediamo pertanto quali sono le principali tecnologie che contribuiscono alla creazione ed alla gestione delle Smart City.
5G. La nuova connettività per la città intelligente
Per realizzare una città fatta di servizi digitali interconnessi è assolutamente necessario partire da connessioni veloci e a banda larga, in grado di assicurare un adeguato livello qualitativo nella comunicazione tra i vari dispositivi IoT connessi alle reti urbane. Il primo investimento che fa prevalentemente capo al soggetto pubblico, pur coinvolgendo in gran parte investimenti di natura privata, consiste nella realizzazione di una solida infrastruttura per il traffico dati, come quella prevista dagli standard delle reti 5G.

Quale condizione di slancio agli interventi sulle infrastrutture pubbliche previste dal PNRR, è recente la notizia del piano di intervento “Italia 5G”, che si configura come il primo piano di finanziamento pubblico per il mercato mobile italiano, che promette entro il 2026 una copertura del territorio nazionale dell’80% con reti 5G dotata dei nuovi standard a 6.6 GHz e dei 26 GHz delle reti FWA (Fixed Wireless Access) di prossima implementazione.
Un’infrastruttura a banda larga risulta essenziale per la Smart City, ma anche ai fini di sostenere l’impegno della produttività dello Smart Manufacturing e abilitare i processi della Fabbrica 4.0.
Se l’Italia appare in ritardo dal punto di vista della connettività a banda larga, l’impulso dei fondi stanziati dal PNRR dovrebbe finalmente contribuire a colmare un gap ingiustificabile negli anni che stiamo vivendo, dove il principale veicolo per garantire la competitività delle nostre aziende sui mercati è rappresentato dalla trasformazione digitale e dalla transizione tecnologica, che comportano la generazione di enormi quantità di dati che vengono trasmessi in tempo reale da un dispositivo all’altro.
Secondo una recente ricerca dell’Osservatorio 5G and Beyond del Politecnico di Milano, anche nel nostro paese si starebbe finalmente diffondendo una cultura almeno basilare nei confronti del 5G, in quanto il 90% del campione intervistato ammette di conoscerne almeno l’esistenza, mentre dovremmo assistere ad un numero sempre maggiore di iniziative come quella attuata dal Porto di Livorno. L’azienda portuale ha previsto l’impiego del 5G quale condizione abilitante per rendere più efficienti i processi legati alle attività dei terminal dove avviene il traffico merci. Grazie al 5G sono in fase di attivazione una pluralità di applicazioni per migliorare la qualità e la velocità dei servizi offerti, ottimizzando i consumi energetici e le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
La transizione al 5G rappresenta un processo lungo ma indispensabile sulla via dell’innovazione, laddove alla diffusione degli impianti a 6,6 GHz dovrà corrispondere la parallela diffusione dei dispositivi capaci di sfruttare i benefici offerti da questo nuovo standard tecnologico.
IoT per le città connesse al futuro
Pur con alcune ragionevoli precisazioni, possiamo assoggettare i fattori abilitanti della Smart City alle tecnologie 4.0. Anche se le applicazioni sono certamente differenti rispetto all’ambito industriale, dove hanno fatto la loro prima comparsa sul mercato, le tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 costituiscono un punto di riferimento anche per i servizi della citta intelligente.
Nella sua accezione più ampia, la Internet of Things rappresenta la tecnologia di riferimento per abilitare i servizi digitali interconnessi della Smart City, grazie alla capacità di raccogliere e analizzare i dati digitali su cui si basano. Tale obiettivo è possibile grazie ad una serie di sensori, collocati sui dispositivi IoT, che trasmettono i flussi di dati attraverso l’infrastruttura di rete.
I sensori rappresentano dunque la prima linea per acquisire ed interfacciare i dati con le applicazioni smart. I più diffusi consentono ad esempio di monitorare i parametri ambientali (condizioni aria, umidità, rumore, ecc.) o di monitorare i movimenti del traffico urbano.
A livello tecnologico un contributo fondamentale è dato dalle Wireless Sensor Network, ossia le tecnologie di connessione non cablate indispensabili per garantire la connettività dei vari servizi, come il monitoraggio ambientale, il monitoraggio del traffico, il controllo dell’illuminazione pubblica e delle reti semaforiche.
Tra le tecnologie di connettività più interessanti in ambito IoT vanno senz’altro rilevati i protocolli di comunicazione LoRA e NB-IoT, che consentono il traffico dei dati wireless a banda larga, sfruttando le basse frequenze per coprire distanze sempre più lunghe. Ogni protocollo è dotato di caratteristiche proprie e risulta funzionale al soddisfacimento di esigenze specifiche, come le comunicazioni a ciclo continuo, piuttosto che quelle applicazioni che richiedono una trasmissione occasionale dei dati. I designer IoT e gli architetti delle reti devono pertanto saperne combinare gli effetti in funzione delle infrastrutture da progettare.

Big Data & Analytics
I dati digitali costituiscono la materia prima delle applicazioni smart e i sistemi IoT sono capaci di generarli in enormi quantità per monitorare tutti i processi attivi rilevati dai loro sensori. La varietà di dati che è oggi possibile rilevare è incredibile, dal momento che è possibile acquisire da qualsiasi variabile ambientale. L’aspetto fondamentale è il flusso in tempo reale che lo streaming dei dati comporta nella loro selezione, raccolta e preparazione, in funzione dell’analisi dei dati, ossia il processo chiave per estrarre valore informativo dalla risorsa digitale grezza.
Le operazioni di analisi dei dati vengono effettuate mediante operazioni di Business Intelligence (analisi descrittive) e Business Analytics (analisi predittive e prescrittive), fondamentali per generare i report e gli insight utili a supportare ed automatizzare i processi decisionali delle applicazioni smart.
Intelligenza Artificiale
Fondamentale nello svolgimento dei processi analitici, utili ad estrarre valore dai dati, l’Intelligenza Artificiale andrà a costituire un ruolo sempre più trasversale nella vita tecnologica delle persone. La AI è ad esempio una delle principali tecnologie abilitanti la guida autonoma, così come tantissime applicazioni che regoleranno il funzionamento della città intelligente del futuro.
Edge Computing e Cloud Computing
L’Edge Computing rappresenta, in estrema sintesi, l’architettura IT della Internet of Things, per consentire le operazioni a bassa latenza che i dispositivi informatici sono tenuti ad effettuare in prossimità dei dati, laddove i sensori li generano.
I dispositivi IoT godono di adeguate capacità computazionali che consentono una pre-elaborazione, si pensi ad esempio all’operato dei tablet per la manutenzione o delle videocamere di sorveglianza, ai fini di selezionare ed archiviare i dati utili alle analisi più approfondite, che vengono genericamente svolte all’interno di data center on-premise o in cloud. Tale eventualità si rivela indispensabile per avvalersi delle tecniche di Machine Learning o di altri servizi centralizzati che esulano dalle capacità computazionali dei device IoT.
L’infrastruttura IT “ideale” vede dunque un approccio Cloud to Edge, che combina le capacità di lavoro a bassa latenza dell’Edge Computing con le grandi risorse computazionali disponibili attraverso i servizi del Cloud Computing.
Robotica
L’automatizzazione dei servizi è uno dei principali goal delle applicazioni smart, per liberare il tempo umano in funzione di attività più strategiche per il lavoro o per favore il benessere personale. L’implementazione della robotica segue lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e si manifesta in tantissimi ambiti. Forse molti non lo sanno, ma un semplice aspirapolvere automatico che utilizziamo nelle nostre case è un robot, così come lo è un’auto dotata di un sistema di guida autonoma. Gli esempi di robotica applicata nei sistemi IoT è già incredibilmente ampio, oltre ad essere destinato a diffondersi sempre di più.
Cybersecurity
Spesso sottovalutata, non sarebbe auspicabile un modello di Smart City che non tenesse in adeguata considerazione gli aspetti legati alla sicurezza informatica. I nodi delle reti urbani rappresentano un’occasione molto ghiotta per i cybercriminali, che possono penetrarla in moltissimi molti. Una rete wi-fi pubblica, se non dotata di adeguati sistemi di protezione, può essere facilmente violata per condurre attacchi man-in-the-middle nei confronti dei cittadini, totalmente ignari della minaccia che i loro dispositivi informatici stanno vivendo. La perdita di dati sensibili, come gli accessi ai servizi finanziari, può generare conseguenze facilmente intuibili.
Un discorso a parte meritano ovviamente le infrastrutture critiche, in cui rientrano i servizi fondamentali offerti dalla PA, dalle società di energia e dagli istituti bancari. Tali attività sono regolamentate dalla normativa comunitaria NIS, recepita in Italia nel corso del 2018, per cui si prevede una più severa estensione nel corso dei prossimi anni, quando verrà implementata la normativa NIS 2.
I fornitori di tali servizi sono tenuti a rispettare tutte le condizioni per garantire i provvedimenti tecnologici e organizzativi necessari a tutelare la sicurezza informatica delle infrastrutture critiche. La normativa NIS fa il paio con la normativa GDPR, che con logiche piuttosto simili si occupa di tutelare i dati sensibili conservati e trattati nei vari data center.
In definitiva, le tecnologie abilitanti le smart city sono le medesime dell’Industria 4.0, quelle relative alla cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale.
I vantaggi di una smart city e i benefici per le persone
Una delle caratteristiche principali delle Smart City è data dalla loro unicità, determinata dal rispondere in maniera specifica agli scenari urbani in cui vengono contestualizzate. Ciò nonostante, è possibile delineare piuttosto facilmente una serie di qualità essenziali che le comunità che decidono di investire sui progetti smart possono implementare in termini di benefici collettivi:
- – Efficienza: i processi di analisi dei dati rendono le iniziative e le decisioni più consapevoli, grazie al costante supporto delle attività di Business Intelligence e di Business Analytics. Il costante monitoraggio delle metriche consente di intervenire con azioni correttive in tempo reale, spesso con procedure automatizzate e capaci di incrementare il generale livello di efficienza dei servizi della Smart City;
- – Inclusione: si tratta di una qualità fondamentale in qualsiasi contesto di innovazione e non a caso rientra tra i tre pilastri fondamentali del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). L’inclusione prevede vari aspetti, che vanno dalla riduzione del gender gap, all’aumento dell’occupazione giovanile, alla mitigazione delle disparità sociali basate sui livelli di reddito, grazie ad adeguati programmi di sostegno, come gli incentivi al social housing. Un aspetto essenziale è inoltre caratterizzato dalla comunicazione, ossia dal rendere fruibili e di semplice comprensione gli aspetti chiave della Smart City, in modo che i cittadini possano sentirsi realmente partecipi e contribuire alla loro formazione. In tal senso un ruolo essenziale è svolto dalla visualizzazione dei dati (data visualization), che consente di sviluppare e condividere dashboard interattive dotati di mappe interattive, report sulla mobilità urbana e sui risultati conseguiti in termini di efficienza energetica, ad esempio per quanto concerne il contributo delle energie rinnovabili;
- – Sostenibilità: l’azione combinata di processi smart finalizzati ad ottimizzare i consumi energetici e a razionalizzare l’impiego delle risorse ambientali consente di ridurre le emissioni di CO2 e di mitigare gli impatti novici dell’inquinamento urbano;
- – Sicurezza: i sistemi di videosorveglianza IoT consentono di interconnettere molte funzioni utili a garantire un efficace azione di monitoraggio, scongiurando o identificando gli eventuali episodi criminali;
- – Qualità: tutti i sistemi IoT interconnessi possono essere monitorati in tempo reale grazie ai dati acquisiti dai sensori, con la possibilità di automatizzare molte procedure di routine relative alla loro gestione. Un aspetto essenziale è costituito dalla possibilità di installare dei sensori sulle infrastrutture, per monitorare ad esempio lo stato di conservazione e la qualità di ponti, viadotti o altri sistemi la cui compromissione sarebbe causa di un grave disservizio nei confronti della collettività;
- – Occupazione e qualità della vita: l’automatizzazione dei servizi, se da un lato viene ancora vista come una minaccia occupazionale, in realtà consente di creare nuove opportunità nei cosiddetti ruoli strategici, dove l’uomo, dopo aver sostenuto un adeguato processo di upskilling, viene impegnato più nel ruolo di supervisore che non di esecutore di quelle attività di routine che possono essere demandati ai sistemi robotici. L’automatizzazione consente inoltre di ridurre l’errore umano, inevitabile, specie nei processi più ripetitivi ed alienanti.
Alcuni esempi di smart city in Italia
La situazione italiana in merito alla diffusione delle Smart City è condizionata da una serie di luci e ombre, nel complesso di uno scenario in crescita nonostante alcune barriere che faticano a crollare sotto il peso di un’innovazione talvolta troppo timida rispetto alle opportunità che si potrebbero realmente sfruttare.
Uno dei limiti più evidenti è senza dubbio caratterizzato dalla limitata diffusione, su larga scala, delle applicazioni della Internet of Things, spesso relegata ad ambiti d’azione più circoscritti, come quello della Smart Home, che i cittadini vivono più in maniera tech-driven che data-driven. Tuttavia, non occorre disperare. Occorre piuttosto sfruttare con decisione le enormi opportunità che gli strumenti del PNRR sapranno mettere a disposizione della Pubblica Amministrazione per modernizzare i propri servizi e le strutture fondamentali per garantire i servizi ai cittadini.
Secondo i dati dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, il 42% dei comuni italiani con almeno 15.000 abitati avrebbe attivato almeno un progetto Smart City nell’ultimo triennio di bilancio, con dati confortanti soprattutto per quanto concerne la maturità delle nuove attività intraprese. Il riferimento si rivolge in particolare all’effettiva capacità di sfruttare le potenzialità delle tecnologie emergenti nei processi smart.
Secondo le valutazioni di Ernst and Young, riassunte nello Smart City Index EY 2020, Trento risulta essere la città con più infrastrutture sostenibili, seguita da Torino e Bologna, mentre si allontana dalla vetta Milano, in testa nell’edizione 2019. Trento si posiziona al primo posto anche in merito alla app digitali della PA, secondo la classifica di ICity Rank 2020, pubblicata dal gruppo Digital 360, che identifica invece in Firenze la città italiana più smart in assoluto. ICity Rank 2020 risulta di sicuro interesse nel cercare una mappatura nazionale circa il livello di evoluzione delle Smart City.
L’analisi suddivide in tre fasce le città italiane analizzate, riconoscendo un primato di evoluzione a Firenze, Bologna, Milano, Roma Capitale, Moderna, Bergamo, Torino, Cagliari, Venezia e Trento, che godono di un livello di digitalizzazione molto avanzato, a cui segue un gruppo di 15 città di livello avanzato: Parma, Reggio Emilia, Palermo, Pavia, Brescia, Genova, Lecce, Cremona, Prato, Bari, Pisa, Verona, Vicenza, Bolzano e Forlì.
La classifica procede con 23 città di livello discreto, 24 di livello intermedio, 27 con i primi progetti in stato di avvio e 8 realtà critiche come Taranto, Avellino, Caserta, Carbonia, Nuoro, Nenna, Chieti e il fanalino di coda Agrigento, situazioni in cui il livello di digitalizzazione versa in situazioni penalizzanti. Il Sud non costituisce comunque esclusivamente una nota di biasimo, in quanto ci sono realtà come Palermo che, oltre a godere di una classificazione di livello avanzato, primeggiano la lista nell’ambito della disponibilità di open data.
Attraverso l’azione combinata dei soggetti pubblici e privati, in Italia possiamo annoverare alcune esperienze significative nell’ambito della Smart City:
- – Torino Smart City: progetto attivato dalla Città di Torino quale laboratorio urbano per l’applicazione delle tecnologie emergenti, che vede ormai da diversi anni la costante attivazione di iniziative e progetti smart per migliorare la qualità dei servizi offerti alla cittadinanza. Nella vicina Pinerolo, un pool di società attive nella fornitura di energia ha avviato la prima comunità energetica rinnovabile condominiale in Italia. Il progetto ha visto la collaborazione dell’Energy Center del Politecnico di Torino ed è stato scelto dall’International Energy Agency tra i progetti virtuosi presentati al recente G20 svoltosi a Napoli. I condomini oggetto dell’intervento sono quasi del tutto autonomi in termini di fabbisogno di energia, grazie alla dotazione di impianti fotovoltaici e solare-termico.
- – UpTown Milano: tra i progetti privati, si segnala UpTown Milano, un quartiere residenziale smart (smart district) attualmente in fase di esecuzione, nei pressi di via Gallarate, in prossimità con il distretto tecnologico-scientifico MIND (Milano Innovation District) e l’area di Rho Fiera Milano. L’area interessata da UpTown coinvolge ben 900mila metri quadrati, progettato nativamente per integrare sistemi evoluti di mobilità sostenibile e progetti di Smart Living abilitati da implementazioni avanzate a livello ICT nelle infrastrutture di base, che prevedono una copertura capillare grazie alla connettività delle reti in fibra ottica e wi-fi a banda larga.
- – Bologna Smart City: progetto interessante a livello di governance, con cui la città è riuscita a dotarsi di una capillare copertura wi-fi pubblica, oltre a favorire molti progetti basati sull’innovazione tecnologica per quanto riguarda le start-up e le imprese, grazie a piattaforme che mettono a disposizione una consistente varietà di open data, con il libero accesso ai dati della PA.
- – Genova Smart City: tra le realtà più attive in Europa nello sfruttare i bandi UE per i finanziamenti di progetti Smart City, dove rientrano TRANSForm, un progetto con linee guida su come realizzare una città sempre più smart; CELSIUS, una micro-rete energetica di tele-riscaldamento e raffreddamento; R2CITIES, progetto di riqualificazione smart di un quartiere periferico di Genova.
- – Firenze Smart City: tra le città che vanta il maggior numero di interventi smart, il capoluogo toscano si è contraddistinto per l’attuazione di un interessante progetto di irrigazione dei parchi e del verde pubblico, i cui consumi risultano fortemente ottimizzati grazie alle analisi dell’Intelligenza Artificiale su uno streaming di dati in tempo reale riguardanti umidità, meteo ed altri parametri utili a stimare i corretti quantitativi d’acqua da erogare. Il monitoraggio tramite sensori collocato sulla rete consente inoltre di prevedere e localizzare eventuali situazioni di guasto sulle linee, abilitando logiche di manutenzione predittiva, che consentono di intervenire soltanto quando è effettivamente necessario, ottimizzando di conseguenza i costi di gestione;
- – Verona Smart City: certamente significativo il progetto smart che la città veneta ha adoperato nel rinnovare la propria rete di impianti semaforici. In particolare, i 160 nuovi regolatori del traffico sono dotati di un particolare dispositivo che rilevano il transito delle ambulanze in servizio a circa 100 metri di distanza, facendo prontamente scattare il segnale verde ai fini di agevolarne il transito presso gli incroci. Per quanto possa apparire marginale, è soprattutto la cura dei dettagli a fare la differenza in termini di qualità diffusa del benessere urbano, in cui rientra certamente anche la possibilità di agire tempestivamente nel caso in cui si verifichi un’emergenza sanitaria.
La stessa classifica delle migliori smart city in Italia e nel mondo nel 2021 ha subito qualche mutamento, ma Firenze, Bologna e Milano rimangono nella top 3 in Italia.
Il futuro delle Smart City in Italia: servono competenze e governance
Per quanto concerne le principali barriere nei confronti della diffusione delle Smart City in Italia, secondo l’indagine svolta dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, sussisterebbero tre condizioni:
- – Limitate risorse economiche, che dovrebbero essere superate grazie alle opportunità concesse dal PNRR, nei confronti delle quali le municipalità dovranno assumere un atteggiamento attivo;
- – Carenza di competenze adeguate nell’ambito delle tecnologie IoT e nella scienza dei dati;
- – Carenza nei modelli di city governance, soprattutto in termini di regia e dotazione di programmi.
L’ultimo punto ci offre l’occasione per riflettere su un aspetto cruciale dell’evoluzione delle Smart City, non soltanto per quanto riguarda il fenomeno italiano. Quando non si opera nel contesto di una new town o di uno smart district di nuova concezione, in cui è possibile creare da zero un’infrastruttura integrata, la Smart City risulta quale una sommatoria di singoli progetti smart. Tali episodi vanno dunque interconnessi per creare una rete diffusa di servizi digitalizzati, in grado di comunicare tra loro ed essere resi fruibili attraverso applicazioni unificate, ai fini di evitare il proliferare di una ingestibile anarchia fatta di tante applicazioni quanti sono i servizi: condizione che sarebbe di fatto ingestibile per i cittadini.
Spesso infatti accade che le persone non sappiano nemmeno dell’esistenza di servizi già attivi, che potrebbero agevolare lo svolgimento delle loro funzioni, nell’ambito della sanità, così come nell’usufruire dei servizi della pubblica anagrafe. Anche dal punto di vista della comunicazione si dovrebbe e si potrebbe fare molto di più, attivando campagne utili per sensibilizzare l’impiego dei servizi digitali, oltre a coinvolgere i cittadini nelle iniziative bottom-up della progettazione partecipata, quando si tratta di attivare nuove soluzioni condivise.
Lo sviluppo delle Smart City italiane ruota pertanto attorno a tre fattori fondamentali, che coincidono con il tentativo di superare in maniera decisiva le barriere citate in precedenza. Dando per scontato un adeguato livello di progettualità utile a risolvere i problemi della città, migliorando l’efficienza dei servizi esistenti ed implementandone di nuovi, è indispensabile raccogliere i fondi necessari per attuali, grazie ad iniziative capaci di coinvolgere sia il capitale pubblico che quello privato.
Il ruolo centrale, sia dal punto di vista tecnologico che dal punto di vista organizzativo risiede nella governance, in particolare in quella capacità di saper orchestrare le varie iniziative smart che vengono attivate nel contesto urbano dai soggetti pubblici e privati. Tali progetti sono e saranno sempre caratterizzati da tecnologie differenti, per cui è indispensabile privilegiare le iniziative basate su open data e standard interoperabili. Questa è probabilmente la sfida più difficile che la PA dovrà affrontare nei prossimi anni, considerando quanto i fornitori di tecnologia tendano inevitabilmente a privilegiare gli standard chiusi, sia per facilità di sviluppo delle applicazioni nei propri ecosistemi, sia per creare situazioni di lock-in all’interno del mercato.
Dal punto di vista economico, secondo le stime dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, il ritorno di investimento va differenziato in base alla natura tipologica ed applicativa dei progetti, e sarebbe prospettabile nel seguente ordine:
- – Da 1 a 2 anni per i progetti di smart parking;
- – Da 2 a 5 anni per i progetti di raccolta smart dei rifiuti urbani;
- – Da 3 a 5 anni per i progetti di rinnovamento e riqualificazione dell’illuminazione pubblica;
- – Da 6 a 9 anni per i progetti relativi agli Smart Building per gli edifici pubblici
Tali effetti vanno valutati sia per quanto riguarda i costi che i benefici. Quando si tratta dell’iniziativa pubblica, occorre infatti considerare che
Per dare forma a questa brillante visione di futuro, non si può prescindere dalle competenze tecniche necessarie, per cui sarà fondamentale investire nella ricerca e sostenere la nascita di percorsi didattici orientati all’IoT, alla AI e ai Big Data & Analytics, oltre alle competenze necessarie per creare e gestire le infrastrutture IT necessarie per interconnettere i servizi smart.
In prima fase è dunque fondamentale avvalersi della consulenza di aziende dotate di uno specifico know-how nell’ambito delle tecnologie abilitanti basate sulla cultura dei dati, in modo da garantire quella concretezza indispensabile per fare si che i buoni propositi non si fermino allo stato del progetto pilota, ma entrino a sistema per offrire ai cittadini servizi e benefici in grado di rendere più efficiente e migliorare la qualità della loro vita.
Categoria: ANALYTICS

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